BERSAGLIO SU MOLLY BLOOM. La parola diventa corpo

L’etimologia della parola teatro deriva dal verbo greco ϑεάομαι (theaomai) “guardare”. E lo spettacolo Bersaglio su Molly Bloom è prima di tutto uno spettacolo visivo. L’intento primario della compagnia Marcido Marcidorjs , e in particolare quello del suo direttore Marco Isidori è quello di stabilire una comunione di energia tra attori e pubblico. Energia che passa attraverso le vista prima, e la voce dopo.
Lo spettacolo inizia mentre il pubblico prende posto in sala. La grande scenografia che incornicia gli attori è già sul palco. Quando le luci di sala si spengono, le centinaia di lampadine che definiscono la struttura scenica illuminano il pubblico, quasi lo abbagliano.
Otto attori sono appesi con il corpo a degli elastici, unico sostegno insieme a ristretti piani d’appoggio. Di fronte a loro, un direttore d’orchestra  (il regista Marco Isidori), con tanto di bacchetta e leggio, fa partire la sinfonia.
L’ultimo capitolo dell’Ulisse di James Joyce, quello su Molly Bloom, si fa voce, verbo. La riscrittura drammaturgica di Isidori assomiglia a una partitura musicale per orchestra, che viene recitata da singoli o all’unisono. Il testo dello scrittore irlandese, astioso e difficile alla lettura, soprattutto per la mancanza di punteggiatura, si colora di ritmo, melodia, pause, accelerazioni.
Molly Bloom è interpretata da otto attori contemporaneamente, diversamente da quanto è sempre avvenuto a teatro, in cui a recitarla era sempre un solo attore.

Quello che la regia ha voluto sottolineare non è certamente la psicologia di Molly, che di fatto non ha connotazioni psicologiche (gli attori sono otto maschere: indossano “divise” tutte uguali, hanno il viso colorato di bianco e non hanno caratteri propri), ma si è concentrato piuttosto sulla musicalità delle parole di Joyce, che ha evidenziato modulando ad hoc le voci degli interpreti. Il risultato finale è di grande impatto. L’energia della voce, aggiunta a quella dei corpi intrappolati, si scaglia sul pubblico, in un processo che era proprio del teatro delle origini.
“La Grande Conchiglia”, questo il nome della scenografia Premio Ubu2013 di Daniela Dal Cin, assomiglia a una pala d’altare in processione; oppure all’insegna di una grande teatro; o ancora ad una cassa armonica bidimensionale che ospita i musicisti di una banda di paese. È una struttura concentrica, che si focalizza sullo spazio centrale, quello dove si trova, impigliata tra gli elastici, Maria Luisa Abate, che interpreta, alla fine, l’unico monologo di tutto lo spettacolo, il famoso pezzo sul “sì”.

Oh quel pauroso torrente laggiù in fondo  Oh e il mare  il mare qualche volta cremisi come il fuoco  e gli splendidi tramonti  e i fichi nei giardini dell’Alameda sì e tutte quelle stradine curiose  e le case rosa e azzurre e gialle  e i roseti e i gelsomini e i geranii e i cactus  e Gibilterra da ragazza dov’ero un Fior di montagna  sì quando mi misi la rosa nei capelli /come facevano le ragazze andaluse  o ne porterò una rossa  sì e come mi baciò sotto il muro moresco /e io pensavo be’ lui ne vale un altro  e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora  sì allora mi chiese se io volevo  sì dire di sì mio fior di montagna  e per prima cosa gli misi le braccia intorno  sì e me lo tirai addosso  in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato  sì e il suo cuore batteva come impazzito  e sì dissi sì voglio  sì.

Dal suo lontano debutto, nel 2012, Bersaglio su Molly Bloom ha trovato successo di pubblico e di critica.
Uno spettacolo che prende le distanze dal teatro di prosa, intellettuale e introspettivo, a cui siamo abituati, ma che al contrario, si spinge in fuori, verso il pubblico, nella continua ricerca di un rapporto intimo tra l’attore e lo spettatore, rapporto che prima della parola e del suo significante, deriva da uno scambio di energia che parte dal corpo e dalla voce, che poi altro non è che parola fatta corpo.

 


 

dal 14 al 19 marzo 2017, Teatro Vascello

BERSAGLIO SU MOLLY BLOOM
Venendo l’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce
A manovrare nelle acque territoriali dei cantanti Marcido
da James Joyce
con Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Stefano Re, Valentina Battistone, Virginia Mossi, Daniel Nevoso, Francesca Rolli, Margaux Cerutti, Marco Isidori
tecniche Sabina Abate
scena e costumi Daniela Dal Cin
regia Marco Isidori
produzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
con il sostegno del Sistema Teatro Torino