7-14-21-28, Rezza e Mastrella danno i numeri.

Antonio Rezza è un pazzo. Un pazzo geniale.  7-14-21-28 è uno degli ultimi spettacoli della coppia Rezza-Mastrella, in scena al Teatro Vascello. rezzamastrellaL’occasione merita: trent’anni di attività per i due artisti.

Un corpo nervoso su cui fa capolino una faccia ossuta e spigolosa, incorniciata da riccioli ribelli. Sarebbe riduttivo parlare di spettacolo, quella di Rezza è una performance a tutti gli effetti. Non c’è una trama vera e propria. Si tratta di scene estrapolate di personaggi senza nome. Un padre snaturato, una coppia di sposi, il padrone di una fabbrica, il principe zoppo. Rezza entra ed esce con disinvoltura dalle loro vite. e con altrettanta disinvoltura si muove nell’ “habitat” (così è denominato nelle note di regia) creato da Flavia Mastrella.
Un ambiente in cui le linee verticali si protraggono idealmente all’infinito, verso il cielo. Il colore dominante è il rosso vivo. Corde, lacci e stringhe intrappolano i personaggi, a volte li creano. Un altalena ricorda il mondo giocoso, eppure così egoista dei bambini.

Si possono, certamente, intravedere dei temi: il precariato, l’amore, la libertà dell’individuo sopra tutto. Ma risulta quasi impossibile cercare di cogliere tutte le sfumature del testo (se di testo e testualità si può parlare), che si carica di volta in volta di nuovi 7-14-21-28significati. Probabilmente, non vi è stata neppure la volontà di dettare tracce facilmente percorribili, sicure. Anzi, ci troviamo di fronte ad una performance che comunica ferocemente, ma dicendo poco o niente. Le urla, il linguaggio del corpo, gli elementi scenici sono gli strumenti con cui Antonio Rezza, sapientemente, si esprime.

Lo spettacolo è un elettrocardiogramma di impulsi. Il ritmo non è mai lo stesso: ossessivo, trascinato, cantilenante, spasmodico. Le situazioni si concludono per poi ritrovarsi, in una spirale coinvolgente senza inizio né fine, visionaria, al limite dell’onirico.

Le certezze non esistono, tutto è labile e precario. In una società come quella che ci propongono Rezza e Mastrella è facile perdersi. Ecco che entrano in gioco i numeri: boe a cui aggrapparsi quando tutto diventa liquido. Di fatto , però, i numeri occupano lo spazio scenico in modo del tutto irrazionale, perdendo la loro logica intrinseca e diventando confusi. Tutto questo è rappresentato con totale ironia. Antonio Rezza fa ridere, amaramente certo, ma fa ridere. Si muove e agisce spasmodicamente sul palco, la sua faccia, indubbiamente comica, si deforma continuamente, i versi bestiali denunciano l’appiattimento dell’individuo, della società, ma non offrono soluzioni. E il pubblico, pur divertendosi, non può fare a meno di sentirsi chiamato in causa. I tipi che Rezza esaspera, ridicolizza, deforma, riflettono l’uomo medio che lavora, si innamora, si sposa, cresce figli, rinunciando spesso alla propria identità e libertà.

0037-rezza-mastrella-7-14-21-28-3272In scena con lui anche Ivan Bellavista, indispensabile per reggere il “gioco” cominciato da Rezza. Bellavista diventa il simbolo dell’individuo sottomesso alla volontà altrui. Si fa percuotere ripetutamente da una bottiglia di plastica, corre nudo sul palco, “interpreta” il ruolo che gli viene assegnato con assoluta condiscendenza.

Lo spettacolo piace al pubblico che applaude e ride, di una risata liberatoria, convulsiva.
7-14-21-28 apre la maratona di Civiltà Numeriche al Teatro Vascello che si preannuncia faticosa, divertente e di sicuro successo.


di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza
un Habitat di Flavia Mastrella
produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello Roma Fondazione TPE

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